In un crocevia di vissuti negativi, dalla frustrazione alla rabbia alla malinconia, cerchiamo di recuperare lucidità e scorgere il senso da attribuire alle nuove indicazioni, di superare il vissuto di impotenza per recuperare una percezione di autoefficacia individuale e collettiva, anche scoprendo le opportunità della pausa obbligata a cui ci ha costretto la pandemia e della gradualità con cui riprendere.
“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.
– Italo Calvino
Ecco che la lezione di Calvino sulla leggerezza, come valore e spazio di competenze che ci orienta, ci accompagna ad una “disciplina della mente” che apre alla ricerca costruttiva di conoscenza delle “connessioni invisibili”.
Sappiamo di dover recuperare un pensiero positivo, al di là delle strategie mancate, delle difficoltà economiche, della percezione di abbandono da parte di molti – famiglie con disabilità, malattie rare o problematiche psichiatriche, sanitari che impattano non solo con il rischio del contagio ma anche con le conseguenze emotive e relazionali del loro impegno in prima linea, persone comuni che vedono fallire il proprio progetto lavorativo e le già fragili risorse sociali.
In questi mesi dominati da COVID-19 e dal distanziamento sociale, ci siamo dovuti presto abituare a lavorare comunicando solo via videoconferenza. La tecnologia è buona e, per la maggior parte di noi, funziona meglio di quanto ci saremmo aspettati. Questo ci ha dato la falsa impressione di poter essere efficaci tanto quanto lo siamo di persona. Ma l’uso forzato delle videoconferenze inibisce quella che è forse la parte più importante dell’interazione umana: la comunicazione emotiva.
Negli studi sulla comunicazione è ben noto che quello che dici conta molto meno di come lo dici (Ekman, Friesen, & Noferi, 2007; Rachman, 1981). Le parole – ovvero la comunicazione verbale - colpiscono il lato razionale di chi ascolta mentre la voce, le espressioni facciali e il linguaggio del corpo – quella che viene chiamata comunicazione paraverbale e non-verbale - trasmettono i messaggi al lato emotivo. È solo quando tutti e tre – parole, gesti, voce – lavorano insieme e si rafforzano a vicenda che la comunicazione è davvero efficace.
In tutte le attività relazionali l’elemento principe è l’empatia, la capacità di comprendere il mondo interiore altrui evitando i giudizi.
La comunicazione empatica tramite la comprensione e l’ascolto attivo permette di consolidare i rapporti sociali e fa sentire l’essere umano partecipe nei diversi contesti di vita. L’elemento cardine sono le sfumature emotive che colorano la comunicazione e che forniscono informazioni sullo stato d’animo dell’interlocutore. Spesso ci si sente compresi solo quando chi ci ascolta comprende le nostre emozioni e non si limita ad ascoltare il racconto della vicenda. Ci sembra che solo comunicando “faccia a faccia” percepiamo e comprendiamo davvero una persona con cui stiamo parlando.
Nelle ultime settimane, il COVID-19 ha stravolto le nostre abitudini, ha drasticamente modificato le nostre priorità e anche la nostra percezione della realtà. Il mondo, visto dalla finestra di casa e dal monitor del PC, ha un aspetto diverso.
Ogni persona ha avuto in tal modo un accesso mobile a molteplici funzioni:
· la connessione al web
· le funzionalità multimediali (scattare foto, girare video, ascoltare musica)
· le funzionalità organizzative (mail, calendario, documenti)
· le funzioni di utilità (calcolatrice, bussola, navigatore satellitare)
· le funzioni ludiche
· le funzioni sociali (accedere ai social network).
È così che lentamente l’aspetto empatico è andato disperdendosi in quanto, in una prima fase, ogni persona ha organizzato il proprio profilo con strumenti sociali che permettono di dare un’immagine di sé artefatta (es.Facebook), successivamente lo sviluppo delle applicazioni per il servizio di messaggistica istantanea multi-piattaforma (es. WhatsApp) ha consentito a tutti gli utenti di inviare e ricevere messaggi di testo, messaggi vocali, fotografie e video, pubblicare storie, condividere la posizione e contatti in maniera facile e veloce, perdendo così inevitabilmente anche il canale comunicativo paraverbale.
Pensate solo come le videochiamate, che fino a pochi mesi fa erano un servizio poco utilizzato, probabilmente per evitare tempi lunghi e situazioni empatiche, hanno oggi un ruolo fondamentale nelle relazioni interpersonali e sociali. Aspetti della nostra vita che prima erano separati – lavoro, amici, famiglia – ora si sovrappongono, nello stesso spazio. Improvvisamente si è avuto un cambio di rotta, la tecnologia unisce e accorcia le distanze sociali. Qualsiasi momento della giornata diventa il tempo giusto per condividere un’attività, un’esperienza e una emozione in tutte le sue forme.
È infatti proprio l’alterazione della componente prossemica e la mancanza della componente aptica che fanno restare questa comunicazione in qualche modo innaturale. Si tende allora ad alzare il volume della voce, ad enfatizzare la mimica facciale, aumentare l’uso della gestualità: è come se inconsciamente volessimo recuperare la distorsione sensoriale.