Una costante di tutte le mie giornate è quella di vivere “incontri ravvicinati” con i giovani. Una connessione tra soggetti, oggi, così differenti: da una parte la grande cooperazione di consumo, dall’altra una generazione, sempre connessa che comunica attraverso messaggi istantanei.
La generazione che si allarma se non riceve una risposta nel giro di pochi minuti, foto, messaggi vocali all’ordine del giorno.
Non si tratta di quella insicurezza che possono manifestare quando devono prendere una decisione su una singola situazione, in un particolare momento, (questo capita spesso ad ognuno di noi), ma di quella sensazione di disorientamento che genera dubbi in maniera costante. Mi riferisco a quella sensazione che li fa sentire sempre inadeguati e non all’altezza in qualsiasi situazione. Il disorientamento è la situazione più diffusa tra i nostri ragazzi, di fronte alla scelte decisive per il loro futuro nella società e nel mondo del lavoro. Non è facile per un ragazzo caricarsi di questa responsabilità in modo consapevole e “razionale”, facendo slalom tra tonnellate di fake news trovate in rete, vocazioni e pregiudizi dei coetanei da (non) inseguire, carenza di guide solide alle quali poter far riferimento. Una domanda, dunque, sorge spontanea.
Chi dovrebbe occuparsi di orientamento (alla formazione e al lavoro) dei nostri ragazzi?
Tutti e nessuno, secondo uno schema tipicamente italiano di polverizzazione istituzionale e sociale. E’ una catena di irresponsabilità: troppo pochi svolgono davvero questo ruolo complesso, delicato e costoso.
Così, quando sono in aula, mi piace condurre la giornata assieme a loro tra contenuti didattici e riflessioni (questa “strana” cosa!) sulle loro competenze del futuro: quelle competenze che serviranno ai ragazzi di oggi per affrontare un mondo trasformato dalla rivoluzione digitale 4 in un modo che al momento possiamo solamente intuire.
Il tutto basandomi su alcuni obiettivi cardine (che mi sono data):
– migliorare le competenze argomentative dei ragazzi;
– incentivarli a sostenere le proprie idee;
– aiutarli a sviluppare l’abilità di parlare in pubblico
Per riprendere un pensiero espresso da Edoardo Sensi, potremmo dire che il futuro è un mare che ci trascina e che, naturalmente, ci fa anche paura. Il compito di noi formatori, forse, è mettere in quel mare qualche piccola boa.
Mi piacere pensare di essere una piccola costruttrice di boe.